LE INTEGRAZIONI DEL PROTOCOLLO SULLE MISURE PER IL CONTRASTO AL COVID-19 NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
In data 24 aprile 2020 è stato integrato il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, siglato il 14 marzo scorso tra sindacati e imprese in accordo con il Governo, inserito all’interno del DPCM del 26 aprile 2020 quale allegato 6.
Si tratta di un punto di arrivo atteso da tempo, considerata l’esigenza espressa da molti, sia imprenditori che lavoratori, di tornare allo svolgimento a pieno regime dell’attività lavorativa, compatibilmente con l’emergenza pandemica. Come si noterà dall’analisi che di seguito si offre, permangono le disposizioni essenziali già previste a marzo, con intensificazioni in materia di controlli sanitari – in particolare per i lavoratori risultati positivi – e di organizzazione aziendale per garantire il distanziamento sociale. Le ulteriori integrazioni mirano a coniugare due esigenze tra loro tra contrasto e contenimento del virus ed esigenza di prosecuzione delle attività produttive.
Viene dapprima premesso che la prosecuzione delle attività produttive può solamente avvenire in presenza di condizioni che assicurino alle persone adeguati livelli di protezione, pena la sospensione delle attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
Ma analizziamo, nel dettaglio, le novità introdotte.
Come nel protocollo originario, l’informazione occupa la base della gestione aziendale dell’emergenza e deve avvenire nei confronti di chiunque acceda negli uffici. Fermo quanto previsto nel testo originario del Protocollo, viene ora rafforzato l’obbligo informativo delle aziende in relazione al complesso delle misure adottate a cui il personale dovrà attenersi e, in particolare, a quelle relative al corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) volti a prevenire ogni forma di diffusione del contagio.
Non mutano le disposizioni in ordine alle modalità di ingresso in azienda. Sarà ancora possibile – se non consigliabile – rilevare in tempo reale la temperatura corporea del personale prima dell’accesso al luogo di lavoro. Non mutano pertanto i vincoli posti dalla normativa privacy, primo fra tutti quello di non registrare il dato acquisito, potendo identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura “solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali”.
Si specifica, tuttavia, che l’ingresso in azienda di lavoratori già risultati positivi all’infezione COVID-19 dovrà essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone, secondo le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza.
È altresì richiesto che l’autorità sanitaria competente disponga misure aggiuntive specifiche nelle aree più colpite dal virus, allo scopo di prevenire l’attivazione di focolai epidemici.
Lo stesso vale per le modalità di accesso dei fornitori esterni: rimanendo immutate le disposizioni preventive di marzo, anche nel caso dei fornitori le integrazioni riguardano un obbligo informativo e di vigilanza tra fornitore e committente nel caso di lavoratori dipendenti da aziende terze (es. manutentori, fornitori, addetti alle pulizie o vigilanza) risultati positivi al tampone.
Vengono intensificate le norme di pulizia e sanificazione in azienda, nonché le precauzioni igieniche personali. Nel primo caso si raccomanda, tra le altre disposizioni già previste a marzo, anche una sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni nelle aree geografiche a maggior endemia o nelle aziende in cui si sono registrati casi sospetti di COVID-19. Nel secondo caso, inoltre, viene ribadita l’essenzialità dei detergenti per le mani, da collocarsi in punti facilmente individuabili da tutti i lavoratori.
Quanto ai Dispositivi di Protezione Individuale, fondamentalmente obbligatori ed utilizzati in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, viene ulteriormente specificato che per i lavoratori che condividono spazi comuni è previsto l’utilizzo della mascherina chirurgica.
Vengono intensificate le disposizioni relative all’organizzazione aziendale. In particolare:
– si incentiva il lavoro a distanza, quale “utile e modulabile strumento di prevenzione, ferma la necessità che il datore di lavoro garantisca adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività”;
– è necessario il rispetto del distanziamento sociale, attraverso la rimodulazione degli spazi, compatibilmente con la natura dei processi produttivi e degli spazi aziendali;
– nel caso di ambienti in cui operano più lavoratori contemporaneamente, si esorta all’adozione di soluzioni innovative, quali riposizionamento delle postazioni di lavoro e turnazioni;
– al fine di attenuare il pericolo di aggregazioni sociali, soprattutto con riferimento agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro, si richiede di favorire forme di trasporto in cui si preveda un adeguato distanziamento, preferendo, se attuabile l’uso del mezzo privato o di navette.
Viene infine potenziato il ruolo di sorveglianza del medico competente, che potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, nonché identificare i soggetti con particolari situazioni di fragilità e per il reinserimento lavorativo di soggetti con pregressa infezione da COVID-19. Infine, nel caso di rientro di lavoratori inizialmente risultati positivi, oltre alla certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone sarà necessaria una visita medica precedente alla ripresa del lavoro “a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione … anche per valutare profili specifici di rischiosità e comunque indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia”.
Proprio in relazione alla disposizione da ultimo analizzata, sorge spontaneo evidenziare come non vengano specificate le cautele in materia di protezione dei dati personali, cosa che, invece, avviene per il punto 2 del Protocollo riguardante le modalità di ingresso in azienda. In tale caso, verrebbe da sostenere che valgano le stesse regole specificate nella nota n. 1 del medesimo punto 2.
Data la straordinarietà della pandemia, le soluzioni sopra riassunte sono volte a favorire il compromesso tra un’esigenza di ripresa dell’economia nazionale e il contenimento, ancora imprescindibile, del virus. Si tratta di misure indispensabili per quelle attività che necessitano di svolgersi in loco, poco inclini, se non addirittura impossibili, da mettere in pratica altrove. Le integrazioni del Protocollo rappresentano un – forse timido – tentativo di ripresa del Paese, finalizzate ad attenuare le rovinose conseguenze di un tracollo economico a cui si dovrà far fronte. Integrazioni, tuttavia, che non dimenticano l’importanza del lavoratore quale essere umano: proprio in considerazione di ciò è auspicabile che i datori di lavoro tengano conto della normativa privacy, compatibilmente con l’eccezionalità dell’emergenza.
avv. Valeria Quadranti